Da qui deve uscire qualcosa di buono.
Questa frase mi è rimbalzata in testa come un mantra per tantissimo tempo, dopo il licenziamento. Erano i mesi in cui giravo a vuoto, immersa in una confusione totale, incapace di capire in che direzione muovere il primo passo.
Da qui deve uscire qualcosa di buono.
Ci vuole tempo.
Tempo affinché, dal caos mentale, inizi lentamente a delinearsi una nuova direzione.
E ci vuole coraggio.
Il coraggio di muovere il primo passo verso quella nuova direzione, lasciandosi alle spalle tutto quello che per quasi vent’anni era stata la propria quotidianità.
Da qui deve uscire qualcosa di buono.
Me lo ripetevo all’infinito, prima di tutto per convincere me stessa che sarebbe andato tutto bene. Per tenere a bada l’ansia e arginare la paura. Lo ripetevo perché volevo crederci. Lo ripetevo perché avevo bisogno di crederci.
Oggi, 25 maggio 2025, sono passati esattamente dieci anni dal giorno del mio licenziamento.

Sono stati dieci anni molto intensi, pieni di nuove esperienze, nuovi incontri, trasformazioni profonde, scelte coraggiose, sfide e conoscenza di me stessa.
Se non mi avessero licenziata, sarebbero stati dieci anni pieni delle solite cose.
Se non mi avessero licenziata, sarei ancora la persona che ero dieci anni fa.
Invece oggi sono una persona molto diversa: più sicura di me, più solida, più consapevole di chi sono e di come sono, dei miei punti di forza e dei miei limiti. Ho le idee più chiare su cosa voglio e soprattutto su cosa non voglio.
Ricordo bene quanto fossi stanca del mio lavoro come segretaria di direzione in aeroporto, dopo quasi 18 anni! Sentivo da tempo che non era più il mio posto ma so anche che non me ne sarei mai andata da sola: lo stipendio buono, la stabilità del contratto, la rassicurante abitudine mi tenevano intrappolata a quella scrivania.
Non ero così temeraria. Se allora fossi stata la persona che sono oggi, forse avrei trovato il coraggio di cambiare.
Questo anniversario a cifra tonda mi ha dato l’occasione per voltarmi indietro e guardare i dieci anni alle spalle.
Penso che la strada percorsa si riesca a vedere solo da una certa distanza, quando ti fermi e ti giri a guardare tutti i chilometri lasciati dietro. Mentre li stai percorrendo non ti rendi conto di quanto stai andando lontano.
In questo articolo avevo messo in fila i lavori che ho cambiato dopo il licenziamento. Per ricordarli tutti devo sempre andare a rileggere il mio curriculum perché me ne dimentico ogni volta qualcuno, come in un puzzle da ricomporre nel quale manca sempre una tesserina.
Sono stati tanti, i lavori, e in ciascuno c’è un pezzetto della mia storia, un passo che mi ha portato fino a oggi, al mio lavoro negli uffici turistici di Rimini, che mi ha ridato stabilità e gratificazione.
Mi ha fatto tenerezza, qualche tempo fa, ritrovare nella mia vecchia cameretta un libretto intitolato “Lavorare nel mondo del turismo”. L’avevo comprato da ragazzina perché quello era il mio sogno e la scelta di studiare lingue era finalizzata anche a quell’obiettivo. Poi la vita, semplicemente, mi ha portata altrove.
La strada per arrivare al sogno è stata lunga, lunghissima, per niente lineare e tutt’altro che prevedibile. Ma alla fine, molto oltre i 50 anni, quel vecchio sogno ha preso forma.
Un lieto fine che mi ricorda che non è mai troppo tardi e che le cose possono accadere anche quando pensiamo che il tempo sia ormai scaduto.
E invece nasconde ancora un happy end!