Viola, il riscatto dopo un grande dolore

La ricordo bene la lunghissima chiacchierata al telefono con Viola. Ascoltavo il suo racconto con emozione e grande commozione. Il suo tono di voce pacato rivelava un ritrovato equilibrio dopo un percorso di sofferenza che l’aveva fatta vacillare pericolosamente. Ma proprio da quel carico di sofferenza che sembrava destinato a schiacciarla Viola, 57 anni, ha trovato l’appiglio per costruire una nuova esperienza e dare un senso al dolore vissuto.

Ho fatto studi artistici e dopo il diploma mi sono lasciata irretire dal mondo della grafica pubblicitaria.

Ho mosso i primi passi nel 1983 in un’agenzia dove mi sono sentita da subito a mio agio, ho capito che quello era il mio mondo e lì è venuto fuori il mio talento. Ho lavorato con grande passione per più di 30 anni fino a diventare art director. Ho collaborato con agenzie e aziende, accumulando esperienze molto variegate.

A un certo punto l’agenzia con cui ho collaborato ha chiuso.
A 49 anni non avevo più il mio lavoro e si concludeva un’esperienza bella, ricca e davvero appassionante.

A questo “incidente di percorso” in breve tempo si sono aggiunti anche problemi familiari. Ho perso nel giro di un anno entrambe i genitori. Li ho assistiti tutti e due accompagnandoli fino alla fine con enorme sofferenza.

Ho pensato di non potercela fare a sopportare tutto il dolore. Sono finita in una profondissima crisi esistenziale generata dal carico di sofferenza troppo pesante da sostenere.

Ma non volevo ricorrere agli antidepressivi, un impulso interiore mi ha ostinatamente spinta a farcela da sola. Forse per rabbia, o per orgoglio o rivalsa personale.

Un passo alla volta ho iniziato a stare meglio e ho deciso di ricominciare a lavorare. Mi sono subito scontrata con la mentalità per cui, se non hai 30 anni, il tuo patrimonio di esperienza non vale niente.

Grazie alle relazioni create negli anni, ho ricominciato come freelance seguendo progetti grafici da casa. Non volevo perdere del tutto la mia passione di sempre.
In quello stesso periodo cominciava a maturare dentro di me qualcosa di nuovo, sentivo affiorare l’esigenza profonda di spendermi per gli altri. È stato un lento processo della mia mente. Tutto quello che avevo vissuto, la componente di dedizione e cura che avevo sviluppato in famiglia, poteva essere spesa per gli altri.

Dal dolore e dallo smarrimento è arrivata un’intuizione. Ho deciso di catapultarmi in un ambito che non era mai stato il mio, ma ritenevo di avere le carte giuste per farlo.

Di fronte all’ufficio dove avevo lavorato ho scoperto casualmente che c’era un’agenzia che si occupava di assistenza e sostegno domiciliare per anziani. Ho fatto una scelta mirata, casuale, ma molto fortunata e ho deciso di incontrare la titolare. Abbiamo parlato e ci siamo piaciute da subito. Ha ascoltato la mia storia poi mi ha detto “un ruolo per te ci può essere”. Si sono occupati della mia formazione, gli operatori venivano preparati e non certo mandati allo sbaraglio.

Così è cominciata una nuova avventura che mi ha dato tantissimo, mi sono sentita utile e il ritorno emotivo è stato bellissimo. L’ho fatto con enorme piacere e lo considero solo in parte una scelta professionale. Si è trattato soprattutto di una scelta emotiva che ha avuto anche un risvolto economico.

I miei lavori di grafica freelance non mi garantivano lo standard di vita che volevo, quindi ho dato voce sia alla mia parte creativa che a quella dedita alla cura delle persone. In questo doppio binario mi sono sentita appagata. Entrare in punta di piedi nelle vite degli altri è stato meraviglioso.

Mi sono riscoperta molto empatica e camaleontica, caratteristiche che sentivo appartenermi ma che non avevo ancora messo a fuoco.

Il mio ruolo ora è quello di Dama di compagnia. Non ho una formazione infermieristica o da OSS e non mi interessa neppure averla. Mi occupo della relazione con la persona anziana ed entro certi limiti, del suo accudimento. Sono stata e sono anche vicino a persone con Alzheimer grazie alle quali ho capito che la mia presenza svolge un ruolo emoti­vo. Ho compreso che esiste un unico transfert, un unico canale aperto che non ha indugi ed è quello dell’affettività.

Il target dell’agenzia è molto alto, ho a che fare con persone di buona cultura. Porto le persone in giro alle mostre, con­certi, musei, fuori a pranzo o a prendere un caffè. Preparo i pasti, visto che in cucina me la cavo molto bene.

Spendo la mia carica umana e il background culturale e artistico e sono apprezzata da tanti punti di vista.

Dopo l’esperienza dolorosa vissuta con i miei familiari ho cercato un continuum nel mondo degli anziani perché vole­vo sentirmi ancora di aiuto e di supporto.

Non si può fare questo lavoro senza farlo col cuore. Tra l’altro la parola “lavoro” stona perché è anche molto altro. Se non hai un approccio di questo tipo, se non hai calore interiore da donare all’altro, può invece risultare un lavoro molto pesante. Ci vuole pazienza, dedizione, equilibrio, calma e tanto AMORE.

Ora coniugando le mie due anime, quella creativa e quella di accudimento, sento di aver ritrovato il mio equilibrio emotivo.

(La foto in evidenza è di Loredana Cecchini ed è stata scattata nel sud della Francia, in Camargue)

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